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Colesterolo e trigliceridi in eccesso alla base di seri problemi

Il COLESTEROLO e’ una sostanza grassa presente normalmente nel sangue la cui valutazione puo’ essere effettuata tramite il prelievo ematico. Questo elemento svolge una funzione vitale in quanto e’ un componente di tutte le membrane cellulari e rappresenta il precursore per la sintesi di numerosi ormoni (ormoni sessuali, ormoni antistress), della vitamina D e dei sali biliari. Il COLESTEROLO e’ in parte introdotto attraverso gli alimenti (COLESTEROLO esogeno) ed in parte e’ prodotto direttamente dal fegato (COLESTEROLO endogeno). Gli organi piu’ ricchi in COLESTEROLO sono rappresentati dal cervello (10%), dalle ghiandole surrenali (3%) ed in successione dalla pelle, milza, ovaie e globuli rossi. Il trasporto del COLESTEROLO nel sangue avviene tramite particolari proteine tra cui si annoverano le HDL e le LDL, rispettivamente note come “COLESTEROLO buono” e ” COLESTEROLO cattivo”. Se in eccesso puo’ rappresentare un fattore di rischio, ossia incidere negativamente sulla funzionalita’ dei vasi sanguigni. Quando il COLESTEROLO introdotto nell’organismo supera le normali esigenze e non puo’ essere convogliato completamente all’interno delle cellule, parte di esso si deposita lungo le pareti dei vasi sanguigni con conseguenze evidenti per la salute dell’organismo. Gli studi condotti al fine di stabilire una correlazione tra l’aumento del COLESTEROLO e la comparsa di determinati disturbi confermano l’esigenza di monitorare un parametro la cui alterazione contribuisce a compromettere il benessere di cuore e vasi sanguigni. E’ necessario evidenziare che anche bassi valori di COLESTEROLO rappresentano un fattore negativo per la salute dell’organismo, ragione per cui e’ importante cercare di mantenere costante tale parametro nell’intervallo di riferimento (cioe’ al di sotto di 200 mg per 100 ml di sangue). Sicuramente lo stile di vita, l’alimentazione, il fumo, lo stress e molti altri fattori concorrono alla determinazione di situazioni favorenti l’incremento dei livelli di COLESTEROLO e trigliceridi presenti nel sangue. E’ ormai risaputo che i livelli di COLESTEROLO e di trigliceridi nel sangue sono fortemente condizionati dal tipo di alimentazione. Una dieta caratterizzata da un minor consumo di acidi grassi saturi (latte intero, latticini, burro, carni grasse, insaccati, formaggi) e da un apporto giornaliero di COLESTEROLO inferiore a 300 mg, rappresenta il presupposto alimentare basilare per un intervento efficace. Il consumo di grassi animali dovrebbe essere ridotto ed in parte sostituito con quelli di origine vegetale. Si consiglia di limitare o evitare l’assunzione di cibi ricchi di zuccheri semplici e poveri di fibre e di sostanze antiossidanti. Nei soggetti in sovrappeso e’ necessario adottare una riduzione energetica ed abolire il consumo di alcool in caso di eccesso di trigliceridi nel sangue. La quota lipidica giornaliera intorno al 30% delle Kcal totali dovrebbe essere ripartita in uguale misura tra grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Il consumo di alimenti vegetali ha un suo razionale nell’effetto ipocolesterolemizzante delle proteine vegetali, probabilmente a causa dello loro capacita’ di accelerare il catabolismo (cioe’ la demolizione) delle LDL. Utile ed efficace risulta il consumo di pesce ricco in omega-3, nutrienti indispensabili per il benessere dell’organismo, attivamente coinvolti nella regolazione del metabolismo lipidico. Le linee guida generali per un controllo dietetico del COLESTEROLO possono essere cosi’ riassunte: controllare periodicamente il livello di COLESTEROLO nel sangue: quando i valori sono leggermente alterati, la cura dell’alimentazione rappresenta la soluzione piu’ corretta ed efficace; evitare l’incremento di peso corporeo o seguire una dieta ipocalorica: il dimagrimento determina una diminuzione dei valori ematici di COLESTEROLO; ridurre il consumo di zuccheri semplici (preferire il pane integrale, dimezzare il quantitativo di zuccheri, ridurre il consumo di dolci, evitare bibite e succhi); favorire il consumo di carboidrati complessi o amidi (i legumi, il pane, il riso, la verdura in generale costituiscono gli alimenti ricchi di carboidrati complessi, il cui ruolo e’ stato rivalutato dagli enti che si occupano di nutrizione): la dieta mediterranea diventa pertanto un modello alimentare estremamente utile per combattere le dislipidemie; limitare il consumo di alimenti ricchi di grassi ed in particolare in acidi grassi saturi; aumentare il consumo di frutta e verdura ricchi di sostanze antiossidanti; aumentare il consumo di pesce (almeno 2-3 volte a settimana) per un maggiore apporto di acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 che si trovano sostanzialmente nel pesce (soprattutto sgombro, triglia, sarda, salmone e altri ancora); non consumare piu’ di 2 uova a settimana; evitare il fumo (causa una maggiore produzione di radicali liberi a cui non si riesce a far fronte con le normali riserve antiossidanti e questo comporta un aumento dell’ossidazione del COLESTEROLO “cattivo” LDL), evitare il consumo di alcolici, lo stress, praticare attivita’ fisica. In particolare, il movimento esercita una serie di effetti benefici a livello del tessuto muscolare, dell’apparato respiratorio e del sistema cardiocircolatorio. Su quest’ultimo, l’attivita’ fisica costribuisce a ridurre la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Si riscontra inoltre una riduzione del COLESTEROLO totale, dei trigliceridi ed un aumento del COLESTEROLO HDL.

Fonte: La Stampa 12-05-2002

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Arriva dalla Preistoria la dieta anti-colesterolo

Come combattere l’epidemia di obesità, il boom di patologie cardiovascolari e l’enorme diffusione del diabete, tutte causate dalla super-alimentazione dell’uomo moderno? Tornando alle radici, cercando di capire per quale dieta è costruito l’uomo. Lo ha fatto un team di nutrizionisti canadesi, che ha provato a riscoprire la dieta tipica delle prime fasi dell’evoluzione umana in uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista Epidemiology.

Il corpo umano è costruito per funzionare con un regime alimentare del tutto diverso da quello adottato dall’uomo moderno, almeno nei Paesi occidentali. In un’era di inattività fisica e di abbondanza alimentare, l’obesità sta assumendo proporzioni epidemiche. Siamo programmati per mantenere costanti i livelli di glucosio nel sangue anche in periodi di grave carenza alimentare, ma il continuo introito di calorie manda in tilt il metabolismo causando l’esponenziale aumento di casi di diabete. E infine siamo programmati per sintetizzare colesterolo in un ambiente a basso introito calorico e in sostanziale assenza di grassi saturi e colesterolo alimentare, ma la dieta occidentale, ad alto contenuto lipidico, sta causando un vero boom delle patologie cardiovascolari.

Per la maggior parte del loro percorso evolutivo, i primati hanno fatto riferimento ad una dieta vegetariana ricca di fibre, povera di grassi saturi, carente di colesterolo, con carboidrati prevalentemente assunti in forma diluita, ricca in micronutrienti e sostanze fitochimiche e a bassa densità energetica complessiva. Quando l’Homo abilis abbandonò la giungla e colonizzò la savana, circa 2,5 milioni di anni fa, le sue abitudini alimentari dovettero necessariamente mutare, e si suppone che una delle nuove strategie adottate fosse quella di mettersi sulla scia dei grandi carnivori per cibarsi delle carogne lasciate dietro di loro, in competizione con gli sciacalli. Si suppone anche che l’abilità di costruire oggetti appuntiti derivasse dalla necessità di forare crani e ossa lunghe delle carogne per potersi cibare di midollo e cervello, ricchi di proteine e grassi.

Con l’ulteriore sviluppo della manualità, la caccia su larga scala diventò possibile, e l’introito di carne aumentò esponenzialmente. La rivoluzione agricola di 10.000 anni fa introdusse una ulteriore novità nella dieta umana, con la massiccia introduzione di cereali e quindi di amido. A questo punto fece la sua comparsa il diabete, descritto per la prima volta dagli Egizi. La Rivoluzione Industriale e la capacità di conservazione pressoché illimitata dei cibi a seguito dello sfruttamento dell’energia elettrica e dai progressi in Chimica hanno portato ad una enorme abbondanza di cibo per l’Homo sapiens, senza che il suo/nostro corredo genetico abbia avuto modo di adattarsi al cambiamento.

I ricercatori del Department of Medicine and Nutritional Sciences dell’University of Toronto guidati da David Jenkins hanno messo a punto una dieta modellata sulla situazione che si presume ci fosse nel Miocene, da 4 a 7 milioni di anni fa (vegetali a foglia larga, mandorle, nocciole, frutta) e hanno comparato i suoi effetti sul quadro lipidico generale con quelli ottenuti grazie ad altre due diete, una ‘Neolitica’ (cereali, legumi, latticini) e una terapeutica moderna (NCEP step 2: a basso introito di grassi saturi e alto introito di vegetali). La caratteristica peculiare della dieta Miocene è il consumo di cibi molto voluminosi (in media 5,5 kg di cibo quotidiano per un individuo di 70 kg), che ha fatto aumentare il tempo dedicato ai pasti (in media 8 ore al giorno). Dopo 2 settimane, i livelli di colesterolo LDL sono risultati minori del 33 per cento nei soggetti alimentati con dieta Miocene, del 23 per cento nei soggetti alimentati con dieta Neolitica e del 7 per cento nei soggetti alimentati con dieta NCEP step 2. dato ancora più significativo, il rapporto LDL/HDL è diminuito rispettivamente del 24, 12 e 5 per cento. La dieta Miocene ha avuto un impatto sul quadro lipidico generale equiparabile a quello di una terapia a base di statine. In relazione al problema dell’obesità, il volume imponente del cibo della dieta Miocene è una chiara indicazione dell’importanza del volume del cibo ingerito nel controllo dell’appetito. L’attività fisica rimane un fattore-chiave.

Fonte: Jenkins DJA, Kendall CWC. The garden of Eden – Plant-based diets, the genetic drive to store fat and conserve cholesterol, and implications for epidemiology in the 21st century. Epidemiology 2006; 17(2):128-30.

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